mercoledì 1 ottobre 2014

Vienna EASD 2014: impressioni di settembre (terza puntata)

La giornata di lunedì 15 si era conclusa con una piacevole "rimpatriata", ovviamente in un ristorante tipico viennese.
Davanti a due tavoloni di legno, seduti su panche, sotto volte a botte di mattoni rossi, io e Roberto Lambertini ci siamo ritrovati con altri bloggers incontrati negli anni passati a Berlino e/o a Barcellona, nelle precedenti edizioni dell'EASD.


(con Patricia Santos, spagnola)

Per me, la "vecchia" del gruppo, è sempre piacevole e al tempo stesso stimolante, incontrare ragazzi di tutto il mondo che portano la loro esperienza, il loro modo di vivere il diabete, di raccontarlo.


(Tine, tedesca)

Mi piace apprendere da loro quali siano i problemi degli altri paesi, degli altri sistemi sanitari... in cosa manchiamo, in cosa invece siamo migliori: da questi scambi possono venire anche idee nuove su come affrontare le mille problematiche legate alla gestione del diabete.

E mi piace anche che mi "trattino" alla pari, nonostante, appunto, abbia l'età delle loro mamme! 
Una serata piacevole, in allegra compagnia, con tante chiacchiere che ricorderò fino al prossimo appuntamento.
Quindi dopo una Wiener Schnitzel con patate ed un dolce spaziale arriva il meritato riposo dopo una giornata entusiasmante: le emozioni "stancano".



Il 16 mattino dopo un breve passaggio presso l'ufficio stampa, dove ho avuto il piacere di conoscere la dr Maria Rita Montebelli e il dr Andrea Sermonti, siamo andati alla conferenza stampa congiunta di SID, AMD, Diabete Italia.

Al tavolo erano presenti il prof. Caputo, il prof. Ceriello, il prof. Bonora, il prof. Sisti e, in rappresentanza delle associazioni dei diabetici, Egidio Archero.
Anche in quella sede, come ormai ovunque, la parola "crisi" è stata il leitmotiv della conferenza.
E' stata lamentata una mancanza di fondi di cui i medici devono, gioco forza, tenerne conto, ragionando su cosa sia utile e cosa sia inutile (esami di laboratorio, esami strumentali, farmaci)
Si fa l'esempio di farmaci che vengono assunti a scopo preventivo, ma senza reale necessità (es: i gastroprotettori che sarebbero al 1° posto per la spesa riguardante i famaci).
Altro esempio: il dosaggio della vitamina D, che pare costi allo Stato 20 milioni di euro l'anno. Ci si chiede quale sia l'utilità di prescrivere questo esame se si sa che l'85% degli italiani avrebbe carenza di vitamina D: che venga prescritta direttamente la vitamina D!
Insomma, secondo i medici presenti, in Italia si spenderebbero milioni di euro ogni anno per farmaci o esami che non servono, eliminando i quali si potrebbero recuperare risorse da investire in farmaci utili.
Che l'Italia sia in recessione non è un mistero e quindi il SSN, che sulla carta resta comunque uno dei migliori al mondo, sta subendo colpi durissimi: il "tutto a tutti" non può essere più garantito

Secondo il prof. Ceriello bisogna mirare all'appropriatezza della terapia, cioè evitare il "collezionismo di farmaci", ahimè, ancora molto in voga, pare, in Italia.
Il prof. Caputo si rammarica che molte delle novità che riguardano la terapia del diabete potrebbero non arrivare mai alle persone con diabete a causa dei costi.
Diabete Italia, dice, cerca di far sentire la sua voce per recuperare fondi da utilizzare meglio: ad esempio per l'assenza di un prezzo unico per le strisce reagenti, il prof. Caputo sostiene ci sia uno spreco di 132 milioni di euro l'anno. Tutto ciò non permette di garantire l'accesso alle tecnologie future.
Egidio Archero espone poi il punto di vista delle associazioni di pazienti, che sentono di vivere un momento di particolare sofferenza causato dai tagli della spending review, per cui le strutture diabetologiche vedono minacciate la loro stessa esistenza: c'è il rischio che i servizi di diabetologia tornino a far parte della medicina generale, mentre i pazienti hanno fiducia nel team che opera nelle diabetologie.
Secondo Archero, investire nelle diabetologie vuol dire non solo migliorare la qualità della vita dei pazienti, ma anche risparmiare in ospedalizzazioni dovute alle complicanze.
Interviene poi il dottor Giorgio Sesti, presidente eletto della SID che si domanda cosa ci si aspetti da questo congresso, dal punto di vista scientifico. Nota che la ricerca di base soffre la mancanza di fondi.
Tra gli esami inutile sui quali si potrebbe risparmiare annovera poi l'insulinemia (oltre a quello della vitamina D) perchè per vedere se ci sia insulinoresistenza basterebbe misurare la circonferenza dell'addome con un metro. Secondo lui, quindi, sono necessari degli statements su cosa sia utile o meno per risparmiare e dirottare altrove gli scarsi fondi.
Lo spreco però delle risorse pare non essere una peculiarità solo italiana: tutta l'Europa spreca, ma l'AIFA pare aver imboccato la direzione giusta e ci si augura che prosegua su questo cammino.
Partendo da questi presupposti la SID intende quindi redigere un documento per richiamare l'attenzione sull'appropriatezza degli esami di laboratorio e sulla loro effettiva utilità onde convogliare le risorse risparmiate verso i farmaci e i dispositivi innovativi (microinfusori, glucometri, ecc.)
Per "appropriatezza" si intende però non solo "tagliare sprechi certi e documentabili", ma anche "inadempienze": prescrivere può essere altrettanto inappropriato quanto il NON prescrivere!
Secondo i dati del rapporto Arno Veneto solo il 70% dei diabetici misura la glicata 1 volta l'anno, solo il 65% misura il colesterolo, solo il 32% misura la microalbuminuria, ma il 39% misura il sodio, il 69% fa l'emocromo. 
Non è una sorpresa allora che, come dice il prof. Ceriello dagli Annali AMD risulti che il 20% dei pazienti (tipo 2) presentino un danno renale alla diagnosi.

Viene poi citato lo studio ACCORD (acronimo di Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes), che era stato disegnato per stabilire se una strategia terapeutica volta a raggiungere livelli di emoglobina glicosilata <6,0% nei pazienti tipo 2 potesse ridurre il rischio di gravi eventi cardiovascolari: inspiegabilmente si era riscontrata una mortalità più elevata tra i pazienti in terapia intensiva e per questo motivo, lo studio era stato interrotto anticipatamente. 
Le indicazioni quindi sono di mirare ad un target che si aggiri tra 6,5% e 7,0% di HbA1c, colesterolo più basso possibile, mentre un valore della pressione o della glicemia troppo basso non è auspicabile.
Tutto ciò costituisce un indubbio vantaggio per il rene.
Nella cura del diabete, comunque, non esiste più un target glicemico unico: personalizzare gli obiettivi della glicata per il prof. Bonora, vuol dire che se per il paziente "standard" si deve mirare ad un valore inferiore a 6,5%, se ci sono fattori quali un' età superiore a 70 anni, complicanze gravi, comorbilità, malattia di durata superiore a 10 anni, l'asticella va alzata di 0,5% punti per ogni fattore citato: in presenza di tutti e 4 questi fattori si arriva dunque ad un target di 8,5%.
Ciò non vuol dire però obiettivi più lassi per tutti, ma solo in chi ha le caratteristiche citate.
Sappiamo che oltre il 50% dei diabetici italiani non è a target, ma tra i pazienti con breve durata di malattia e senza complicanze si arriva addirittura ai 2/3!

Infine il prof. Caputo conclude dicendo che se dovesse ricordare questo 50esimo congresso EASD per qualcosa sarebbe sicuramente per un nuovo farmaco ed un nuovo dispositivo, entrambi rivoluzionari.
(Lui non li cita, ma io credo si riferisse a Degludec e al FreeStyle Libre).
E che bisogna sempre diffidare dalle "scoperte urlate": cita il caso dell'Amilina, che ultimamente è salita all'onore delle cronache, mentre è stata scoperta nel 1988!

La conferenza stampa si conclude e nel pomeriggio me ne vado a spasso per Vienna!
Ma questo a voi, non importa... sappiate, però, che una fetta di Sacher Torte io me la sono mangiata!